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La vocazione di Andrea da Burgio
Dinanzi
all'Ecce Homo che aveva in casa Nicolò trascorse moltissime ore della
propria vita.
La sua caparbietà nell'intraprendere la via del convento fu decisa,
quasi ostinata; capace di insistere nonostante i tentativi di
proposizione di una vita diversa da parte dei familiari e dei
concittadini : Nicolò aveva da sempre deciso che il proprio destino era
segnato dall'amore per Dio.
La caratteristica costante della vita del frate fu l'umiltà : dal
dormire su di una cassa di legno durante la permanenza in casa dei
cugini dopo la morte dei genitori, alla povertà degli abiti per l'intera
vita, al digiuno costante, alle continue mortificazioni della carne e
dello spirito. Era come se ogni cosa della vita quotidiana fosse, per
l'umile frate, una ricchezza che non era dato avere, come se da lui il
Signore potesse ricevere soltanto mortificazioni in veste di dono :
troppa era stata la sofferenza del Cristo sulla croce in confronto
all'abbondanza di bene che Andrea sentiva di ricevere dalla vita.
La sua vocazione cristiana fu, così, sempre segnata dalla povertà e
dall'umiliazione tanto che sin dalla fanciullezza era considerato un
«servo di Dio», il «cristiano buono e perfetto», il figlio della
predilezione amorosa di Dio.
Una sera di Marzo, forse del 1730, i cugini Sciortino interrogarono
Nicolò sul pianto
ininterrotto che aveva segnato la sua mattinata in campagna.
Per nulla sorpreso, il giovane rivelò il momento esatto della chiamata
da parte del Signore :
«E come posso io lagnarmi di voi che mi avete tanto amato e
beneficato ? Né di altre persone ho io a querelarmi; perché nessuno mi
ha mai fatto del male. Solo, cugini miei, ve lo confido di cuore, io
piangevo di tenerezza, perché un lampo di luce divina mi fece conoscere
che nel mondo tutto è inganno e menzogna, che si trova più sicurezza a
vivere nei conventi. Ho inteso nel mio cuore che Iddio mi chiama ad
entrare in religione e precisamente in quella dei Cappuccini».